Eccolo qua il nuovo volume scaricabile gratuitamente della Collana Libri amArgine. E’ Dimensioni di Cenere, una interessantissima raccolta di poesie scritte da Roberto Fontana, artista siciliano che stimo profondamente, a mio avviso innovativo e originale pur nel solco della tradizione. E’ la strenna natalizia mia, di Roberto Fontana e dell’ineffabile Presidente del blog.
non nascondere con immagini la realtà – tu potere schifoso che chiudi un popolo antico e giovane – popolo ospitale e indesiderato insieme – nel carcere il più aperto al mondo
come è possibile proprio questo?
animali umani (?) – bombe su bambini – o bombardare ospedali o luoghi dove si cerca speranza – le dimore fatiscenti degli ultimi ora macerie e cimiteri aperti
come è possibile proprio questo?
trasferire perpetuando un trauma storico – farsi carnefice da vittima e divenire ciò che il sangue ha odiato – non reagire ma perpetuare il demone innocente del genocidio
come è possibile proprio questo?
l’amore piange per le strade del mondo – unisce voci – marcia con la gente – il suo cuore è gaza e non ha riposo – ha nelle orecchie solo un verso disperato che si ripete
Salve, mi piace con questo nuovo spazio, le ‘Note Bruciate’, comunicare all’osservatore un po’ più affezionato alcune mie considerazioni o informazioni o magari suggerimenti; cose che riguardano, magari in modo secondario, il mio percorso ‘intellettualeartisticoletterario’.
È consuetudine degli artisti di servirsi dei migliori strumenti di diffusione: oltre alla pubblicazione di opere, si partecipa ai concorsi letterari, si pubblica su riviste, si diffonde sui social. Quest’ultimo punto riguarda questa comunicazione.
Al lettore di WordPress, dove pubblico con frequenza e integralmente i miei lavori, voglio segnalare e suggerire due mie pagine su cui pubblico contenuti connessi: la mia pagina su Instagram e quella che curo – omonima di questo nuovo spazio di annotazioni – su Facebook.
ora arrivano assestamenti – le cose degli eventi indietro giunte qui – quasi dovessi imparare ancora cosa mi muove il cuore cosa no – come se l’intelletto non avesse tutto
il cuore impaurito mi si muove sotto – dentro il petto ho una ferita e se penso alla mia amica più cara – che ieri c’era ora no – mi dico cose che non conoscono niente
ci leggiamo cose d’amore – la camera è rotta – diversa nel presente e se non fosse che vedo il tuo sorriso e rido – quando leggiamo della carogna di Baudelaire e il canto silvano di Leopardi o vediamo Praga diamante inciso con Nazim e dissuadiamo Afrodite dai suoi dolori a Saffo – e se non fosse che la gioia come il sole nel midi mi dà dolcezza coi tuoi raggi tra le mie ali – che quasi mi lascio cadere – se non fosse che tra gli allori e te mi si sciolgo i mali – io non so cosa farei
Per il secondo quadro che feci seguendo i consigli dell’Architetto, mentre tentavo di portare fuori e vedere il dolore che sentivo ovunque dentro di me, scelsi una tela particolare.
Era passato circa un mese dal funerale quando trovai tra le tele conservate dell’Architetto un abbozzo di ritratto, lo schizzo appena accennato a matita di un viso giovane e subito mi ricordai.
Mesi prima arrivò questa triste notizia a casa; una notizia che riguardava un lutto nella famiglia di una cara amica di lunga data con cui mia madre aveva condiviso momenti importanti quando ancora non era malata e che non si era allontana dopo la notizia del male, come invece altri; la notizia di questo suo nipote fragile, che amava profondamente e che era morto così, maggiorenne appena, perché malato di cuore e a rischio fin dalla nascita.
Per mia madre, che era alle fasi finali della sua lotta, questa notizia fu grave e la intristì profondamente; durante la chemioterapia la turbava più di ogni altra cosa, ricordo, quando il morbo si manifestava nei più giovani; per lei più innocenti, come se l’età fosse quasi una colpa, per lei, da poco arrivata ai sessanta. La sua amica non poteva capacitarsi di questa tragedia, al tempo stesso quasi pre-annunciata e improvvisa: la morte del nipote – il figlio del figlio -; né per questi dolori esistono filtri magici in grado di annullarne l’insostenibile gravezza.
Per il desiderio di alleviare almeno un po’ questo tremendo carico alla amica e di commemorare questo ragazzo prematuramente e quindi ingiustamente scomparso, l’Architetto, me lo ricordo bene come fosse oggi, decise, nonostante la debolezza la costringesse sempre più di frequente a letto, di produrre un ritratto di questo giovane. Si fece inviare una foto dall’amica, la fece ingrandire in vari modi da mio padre, l’analizzò, la studiò; ne parlava con me.
Un giorno che non ricordo iniziò a tirare la verticale e l’orizzontale nella tela scelta e a tracciare i primi tratti: abbozzi di viso. Il quadrò non fu continuato però: di li a poco la malattia la costrinse a letto; e di questa tela, per mesi, tutti ci dimenticammo.
Quando la ritrovai, con le sue linee sottili, avevo finito da poco La Dea della Fertilità, il quadro in copertina de La Dolce Stagione, quadro che mi aveva fatto sviluppare, nella pratica quotidiana, riflessioni interne e esterne al mio ragionamento intorno all’arte visiva e al colore.
Non me la sentivo di portare a compimento il progetto avviato, non era cosa mia – che non potevo né sapevo fuggire da me – ma volevo utilizzare quel progetto no incompiuto, ma appena iniziato, come base del mio nuovo progetto: un autoritratto.
Dopo aver osservato e raffigurato il dolore, ora volevo rappresentare il dolente: così nasce l’Osservatore, quadro in copertina de La Stagione Oscura.
Osservare, o più in generale assistere, è il compito ultimo della nostra esperienza di vita. E questo diventa manifesto in quelle occasioni in cui ogni azione si fa vana e non resta che osservare la realtà e i suoi intrecci.
L’immagine è una composizione di cinque parti: quattro parti campite tramite linee (il busto, le due parti della sciarpa e il cielo) che si vanno intrecciando in modo sempre più armonioso e organizzato; una, il volto, abbozzato, lasciato incompiuto, come incompiute le cose della vita.
Nella giacca le linee sono confuse e scure, più armoniose nella sciarpa; questa a sua volta si suddivide in collo e petto; nel collo le linee sono più vicine come intreccio alla giacca ma con colori che l’avvicinano alla parte cielo; nel petto sono più armoniose e quindi simili per intreccio al cielo, ma di colori più vicini alla giacca. Nel cielo l’intreccio si fa piu complesso.
L’atmosfera da crepuscolo, da rivelazione, da disforia; atmosfera di morte con la luna che sembra ferita sanguinante. L’Osservatore è morto per quello che ha osservato. Gli occhi strabici si allargano in entrambe le dimensioni. Schiudono l’occhio che vede: morta consapevolezza dentro un corpo morto – ucciso dal dolore.
Ho fatto ieri un intervista su La Dolce Stagione e La Stagione Oscura, presso Telesud, emittente trapanese. Ringrazio per l’occasione il direttore (e intervistatore) Nicola Baldarotta.
scrutare inerte la mattina come inesistente da finestre aperte – le braccia conserte – la bocca muta – vedere passare la gente – non saluta il mondo insistente ma passa – assistere al niente tornare ricorrente in sogno – non sfuggirgli – la luce amara è invadente – si dice nelle ombre – o chinarsi senza voglia a raccoglierla – quasi sentirne il bisogno