Apollinare strale di alloro non mi punge ancora
dal sacrale in su se tu acutizzi così la mia fase aurorale
per schifarmi male in una frase sulla dizione
dei mondi purissimi – quanto vuoi perfetta –
o proiezioni per abissi ipotetici
o mondi profondi – e il mio cuore no –
e il ripetersi folle del giorno il ritorno senza luce impigliati
tra i pensieri
Categoria: Tic-Tac
Tic-Tac è il suono di un sogno ricorrente.
Voce profonda
clamore di mente mi fa le sinapsi
fronde di vento
tra attori animati
inanimati in movimento un po’ presenti
un po’ assenti quando una voce profonda
si sente che dice:
«…e il verde e il vento molte volte amanti,
due morti nella disarmonia del caso;
e tutto questo: tu»
Eco canto troncato
così la pioggia scuote l’acqua che si fa inquieta
fosse bollente pioggia
si insinuerebbe all’interno
pungendo in superficie
ma il fondo guarda mentre lo raggiunge freddo
scolare così
che ti freme dentro qualcosa da questo luogo alto
di queste rampicanti annerite di smog
tra nuvole aspre
acquemorte
e attorno il fuoco volge a occidente
un gioco
così percuote il vento le punte dei palazzi
tra il movimentarsi delle ramificazioni
come di strade senza scopo
in città senza tempo
forse è punto dell’alterazione
ma intorno è sordità
se c’era il canto
Aaaaaaa
desio di vita di morte
il passo spinge nel vento l’altro passo
lungo la strada oscura – che da lontano
suona un vano lamento
la storia umana
dell’ignoto prisma
spento e con nostra dannata consorte un lume
incenerito a cui il pensiero infuocato si è avvolto
antica e inutile scrittura ti chiamo io
cecità all’albeggiare cristallo
quando mi prende un grido
di un desiderio di vita e uno
di morte
Eeeeeee
luna di domani
di tristezza sei
carezza colle mie mani stesse spaccate
di strappi a te da lontano arcana chiarezza di questi
quesiti così da sfera alta nell’aria e me doni
dove risiede un me insoluto
da riaccendere
Iiiiiii
il silenzio
sotterra non si irradia
ma di cenere sempre
sempre cenere di
sembianza o ossessione
mostra – come rumore di acufene
che non ti concede di comprendere
la natura ora che vuoi ascoltare
e brillante luna così tu mi appari
al di là io non so –
solo il silenzio sa – sono suggerimenti di un me
sopra
e questo io devo accettarlo: che comprendere
non è che accarezzare
dici?
a pensarci perdo la notte
e vedo il vuoto nullo e
fero che azzera ore anche se il sole scalcia
eppure palpita e trovo che s’è acceso qui nel mio
– ma non sapevo –
amato abisso innervato di pupilla
l’apertura chiamata ossessione su ciò che voglia la mia realtà
e così nel giorno bianco
ricadi dopo il vento notturno
ossessione che sussurra diventi
figura a me di fronte e dici pensosa
«silenzio, o mio silenzio!»
Ooooooo
un crepuscolo coperchiato
ti metterebbe fibrille profane come velo
se solo gli occhi strumenti viaggiatori
dalle scintille remote in cielo si lasciassero catturare
o ingannare dal lieve lavorio di linee
quelle che mi compone la mente – e io gli credo –
per panorama qua davanti e dice
realtà;
e forse persino questo asfalto sembra attimi elevato
se mi illudo;
deserto petroso però non versa pietose lacrime vedo
né lo commuove la gratitudine
quando tra il vento secco l’acqua a caso
appare e lo abbellisce;
e voi bellezze germogliate scacciando nell’imbrunire che sfiorisce così
come se per amore la vita non potesse spegnervi
e sciogliervi aggrovigliandovi col buio vendicatore
scenderei io l’universo non sapendo già ma sentendo di luoghi di genti di momenti già perduti dietro
e avanti irrimediabilmente e sotto
e sopra e sempre
per guardarvi bene
Uuuuuuuuu
Lodare frasi che tenevano sospeso
il respiro quando ascoltavo o sussurrare parole
d’amore io stesso non so – tu puoi dai tuoi inquieti ostelli ormai
andare ad abissi siderali o sopra i numeri del tuo destino
ché tu non sei più l’acqua viva che verticale
discende
le forme di una palazzina puntuta a
strapiombo sulla voce del mare
né il collasso inesorabile
di tutte le mie possibili personalità
ma il suo rimbombo derelitto
echeggiante tra gli infiniti.
Flip
Sogno per nove notti seta
sottile in vita e dolce
incompletezza che mi re-
spinge in un sogno arré ricorrente
che ti riporta indietro, ti pare? Nient’altro
che eco livido di un pensiero
un po’ iridescente un po’ prepotente
assenza; tu paranormale
come caduca visione interna
non sostenuta mai dalla mente mia che si fa tetra e manca
della sosta
dove non mi sposta da ossessione
a ossessione; è l’immagine che ti offusca
in pezzi sparsi già fra i venti fatti
più rari mentre guardo impotente;
e lontano da questo
pietroso deserto di eventi
tu mondo astratto ti fai soglia sottile come seta ma fertile
e ogni ricordo in questo luogo sordo dove sto
non so più trattenere:
mia a volte nemica promiscuità di eventi
fai flip di me come di pagine fra granuli di tempesta, quando, ti dico, mi ingannano i dettagli tuoi e anche
se urlo: «ma tu non sbagli?», ciò che lego esoterico
quando si dissipano
dolci frasi o in echeggi parziali
o in sfregi senza pietà si sfa e mi assottiglio
e io che non prego prego la realtà
si dimentichi istanti di me,
anche soltanto quelli – Perché così accade quando l’aria inquieta di cosmo risonante dentro è
attraversata da luce intellettuale
e tu tormento diurno mentre flip
mi giri pagina forse di nuova storia
da quell’oblio momentaneo del corpo io là
mi incontro ancora con un me immortale.
Guarda le mie mani arcane
che tremano nervose
se l’intelletto è irrequieto;
guarda il movimento: non mi fermo.
Guardami attento.
Ricordati.
Eh?
19:00
Da amore folle
a gran brutture.
Non vorrei separarmi, Pazzia,
ma perdono già giunture le mani
Eh?
faccio al freddo nuovo
ora che disperdono
eclissano follie
nostro unico racconto
si espandono e spengono tutto
si accendono e spazzano tutto
Importa? Così eppure il poi lo temo,
tempo di foglia morta.